Strage di Paderno Dugnano e malessere interiore dei giovani di oggi
I giovani manifestano sempre più sintomi di un malessere a cui si fa fatica a rispondere, le parole del 17enne sono emblematiche di una situazione di isolamento, ansia, depressione e difficoltà relazionali.
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Queste le parole del diciassettenne, in lacrime, a seguito del triplice omicidio dei suoi familiari, apparentemente senza motivo, avvenuto solo due giorni fa, qui vicino, a Paderno:
Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato.
Non so davvero come spiegarlo. Mi sento solo anche in mezzo agli altri. A casa come con gli amici, che non gli mancavano: Non avevo un vero dialogo con nessuno. Era come se nessuno mi comprendesse.
Lavorando a contatto diretto, da quasi trent’anni, con giovani e famiglie, ho colto, assieme a moltissimi altri specialisti, miei colleghi, un disagio allarmante e in aumento nell’ambito adolescenziale e familiare, un malessere che negli anni si è andato ad accentuare, prendendo forme, già da tempo, preoccupanti. Eppure, nonostante i campanelli d’allarme e le nostre sollecitazioni sulla necessità d’intervenire, postando articoli e interviste sulla gravità situazionale giovanile (dipendenza dai videogiochi, difficoltà comunicativa, isolamento relazionale…), ho spesso riscontrato “derisione” e tendenza a minimizzare questi segnali. L’ultimo episodio, proprio a giugno, prima di queste vacanze estive, all’interno di una formazione, lo stesso relatore affermava, mio malgrado che, proprio grazie alla tecnologia, i social e quant’altro, i ragazzi di oggi hanno possibilità amplificate di relazionarsi e comunicare (anche se virtualmente), secondo lui: il nuovo futuro delle nostre generazioni si spenderà così, con innumerevoli benefici. Nonostante avessi provato a portare alla sua attenzione le criticità e le fragilità giovanili attuali e necessità relazionali nuove, sono stata definita “retrò”, non al passo coi tempi, “esagerata”. È triste che solo a seguito di eventi drammatici come questo di Paderno, s’inizi davvero a prestare attenzione a grida di disperazione legate a malesseri profondi radicati non solo nei giovani, ma nell’intera società.
I giovani manifestano sempre più sintomi di un malessere a cui si fa fatica a rispondere, le parole del 17enne sono emblematiche di una situazione di isolamento, ansia, depressione e difficoltà relazionali.
Oramai sempre più spesso, in studio, durante la compilazione del Test sul superamento dei compiti di sviluppo in adolescenza (sessualità, abilità cognitive e socio-relazionali e identità) alla domanda n.90: "In particolare, c'è un adulto che sa ascoltarmi e capirmi?", molti ragazzi rispondono: "Solo lei dottoressa".
UN DISAGIO PRESENTE ANCHE PRIMA DELLA PANDEMIA
Questo malessere interiore, vissuto da molti giovani oggi e che viene manifestato in varie forme, è oggetto di forte preoccupazione, ma tutti sono d’accordo nel leggere questa situazione non solo come effetto dell’esperienza pandemica. Il disagio espresso è un fenomeno molto complesso che scaturisce da diverse concause: sicuramente l’isolamento forzato e la mancanza di contesti di socialità prolungata ha inciso negativamente sulla crescita dei ragazzi e sulla costruzione della rispettiva identità. Le manifestazioni più frequenti e visibili vanno dall’autolesionismo, alla depressione, ai disturbi alimentari, alle psicosi. Un grido d’aiuto a noi adulti, legato alla necessità per questi giovani, di essere visti!
La stessa famiglia, ha perso di stabilità, è in fatica nello svolgere il suo ruolo di sostegno e crescita, è anch’essa sola, in un mondo sempre più complesso. Ha bisogno d’aiuto!
È come se la pandemia avesse fatto da amplificatore, facendo esplodere molte difficoltà già pre-esistenti.
Gli studi ci confermano che la fragilità crescente tra i giovani è stata aggravata dalla pandemia, dalla crisi economica, dalle tensioni belliche, dal coinvolgimento sempre più invasivo di internet, ma non può essere attribuita solo a questi avvenimenti.
In tutto il mondo, le nuove generazioni sono le più suscettibili a problemi di salute mentale, secondo uno studio italiano dell’Unicef (svolto in collaborazione con Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS). Un adolescente su sette, tra i 10 e i 19 anni, convive con un disturbo mentale diagnosticato. In Italia, nel 2019, si stimava che il 16,6% dei ragazzi e delle ragazze fra i 10 e i 19 anni, circa 956.000, soffrisse di problemi di salute mentale.
L'ansia e la depressione costituiscono oltre il 40% dei disturbi della salute mentale tra i giovani (tra i 10 e i 19 anni), seguiti da disturbi della condotta (20,1%) e dal Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (19,5%).
La società odierna si contraddistingue da richieste continue, da elevate aspettative dal punto di vista produttivo, organizzativo, di gestione, di competenza sia nei confronti dei giovani, sia della stessa famiglia. Il risultato è la necessità, direi l’obbligo, di doversi adattare a tutto questo, mettendo a tacere aspetti, completamente sottovalutati, come quelli emotivi, sociali, affettivi.
Matteo Lancini, psicoterapeuta, ha intitolato uno dei suoi testi più eloquenti: “Sii te stesso a modo mio”. Che sintetizza egregiamente il concetto di una società che non lascia spazio alla libertà personale di esprimere sé stesso, ma piuttosto quella di richieste obbligate di adattarsi, conformarsi a elevate aspettative, non solo sociali, ma anche genitoriali, scolastiche che non lasciano alcun spazio ai giovani di sperimentarsi, per conoscersi, riconoscersi e creare una propria originale identità. Ecco aprirsi un varco verso vere e proprie crisi esistenziali, di identità, di confusione e perdita di sé stessi. Sono aumentati esponenzialmente gli accessi in studio di giovani completamente spaesati. Non sanno chi sono veramente, sono confusi da una miriade di messaggi esterni, mediatici, si sentono soli nonostante la famiglia, gli amici, la scuola! In adolescenza il gruppo dei pari ha sempre rappresentato il tassello determinante, quello di salvezza, o ahimè di perdita (a seconda delle compagnie frequentate), ma adesso i ragazzi non dialogano più davvero, non si confidano, non parlano di emozioni, di vissuti personali, di aspirazioni o sentimenti, con il conseguente impoverimento dell’aspetto emotivo-sociale, basilare per l’equilibrio e la crescita serena psico-fisica.
SI FA NECESSARIA UNA VISIONE SISTEMICA CHE POSSA CREARE RETE ATTORNO ALLE FAMIGLIE E AI LORO RAGAZZI.
Basta ancorarsi ad una logica emergenziale, evidentemente fallimentare. Bisogna sostenere alleanze educative forti, territoriali, nelle quali servizi sociali, scuole, ambiti sanitari ed educativi siano strettamente connessi tra loro per accogliere le famiglie in tutta la loro profonda solitudine e criticità. Un sistema di prevenzione, nel quale anche i giovani possano ritrovare sé stessi attraverso il dialogo e il confronto autentico. Al centro di questo sistema devono esserci i ragazzi: l’azione educativa deve permettere loro di dare forma a desideri, insegnando a convivere con l’incertezza della realtà, accettando e metabolizzando il senso di frustrazione che può derivare dal non poter controllare il mondo circostante e gli eventi. Per le famiglie, oggi, è d’obbligo trovare spazi nei quali ridurre l’isolamento, in cui condividere la responsabilità educativa all’interno di alleanze solide e continuative.
Lo stesso Lancini, in un’intervista dichiara che quando i ragazzi trovano la possibilità di comunicare a qualcuno rabbia e dolore, non necessariamente agli specialisti, ma anche ai loro adulti di riferimento o insegnanti, non c’è violenza!
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