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La scuola oggi: essere un bravo insegnante

Lavorare in diversi ruoli nelle scuole, dall'infanzia alle secondarie, mi consente di rimanere attenta e aggiornata sulla realtà scolastica attuale.

La scuola oggi: essere un bravo insegnante

10 minuti

Maggio a scuola: studenti demotivati, insegnanti esasperati, genitori sotto pressione. Si diffonde un'isteria collettiva, con crolli emotivi, sospetti di disturbi specifici e genitori in preda alla disperazione.

Lavorare in diversi ruoli nelle scuole, dall'infanzia alle secondarie, mi consente di rimanere attenta e aggiornata sulla realtà scolastica attuale. Il quadro che emerge non è dei più positivi, lo riconosco; tuttavia, ho la fortuna di avere una visione piuttosto ampia grazie ai progetti che realizzo con gli studenti, alle strette collaborazioni con i docenti che spesso mi vedono al loro fianco, al dialogo con loro e al contatto diretto con i genitori durante i colloqui, allo sportello d'ascolto o negli incontri formativi. A tutto ciò si aggiunge la mia esperienza come specialista nel mio studio privato, che mi fornisce dettagli significativi sulle implicazioni di certe dinamiche scolastiche.

Maggio è un mese davvero particolare, se negli anni molte cose sono cambiate nell’ambito del ruolo del docente, nell’organizzazione scolastica, nelle nuove generazioni; la “follia” che caratterizza questo “ultimo” mese di scuola è rimasta invariata. Chiedo scusa per il tono velatamente sarcastico che utilizzerò qui di seguito, tuttavia è maggio anche per me e ciò che vedo e vivo all’interno degli istituti scolastici, spesso, rasenta il ridicolo, quindi descriverlo con un pizzico d’ironia, mi permette di non sconfinare nel drammatico.  Nonostante i dieci mesi a disposizione, per qualche misterioso motivo, ogni insegnante, a maggio, viene “colpito” dall’ansia impellente di somministrare verifiche e interrogazioni in quantità smisurata, anche senza l’effettiva necessità di numero di voti minimo previsto dalla normativa vigente. Ho contato fino a otto prove in una settimana, tra scritte e orali (e neanche equamente distribuite). Otto prove presuppone, per i ragazzi, la necessità di studiare in modo soddisfacente per anche tre verifiche ogni giorno, in un periodo nel quale, tra stanchezza generalizzata, l’ansia da prestazione, i timori legati ai possibili debiti scolastici o legati alla possibilità di abbassare la media tanto cara, l’insofferenza per il caldo e quant’altro, determinano un netto calo nella qualità del rendimento, in linea con l’equazione: massimo dispendio energetico, minimo beneficio. Questa situazione genera scompensi, anche preoccupanti, in molti giovani che, iniziano a diffidare delle proprie capacità d’apprendimento, confidando ai rispettivi genitori l’incapacità di concentrarsi sullo studio, di comprendere i testi, di stare attenti in classe, di ricordare i concetti studiati. I genitori affondano, così, nello scoramento più drastico, mobilitandosi alla ricerca di tutor per ripetizioni, minacciando il figlio con restrizioni di tempo libero, sport, vacanze, uscite, tutto per scongiurare insufficienze, debiti scolastici o eventuali bocciature.

 

Alunni stanchi chini sui banchi

 

Presi dalla disperazione più profonda e come “ultima spiaggia” si rivolgono a specialisti, come me, per sospetti disturbi specifici dell’apprendimento o depressioni o apatia da “sistemare” prima che sia troppo tardi: gli scrutini. Anche i professori vivono questo mese con particolare nervosismo, si accaniscono, in generale, su tutti gli alunni, bravi e meno bravi. Sembra strano, ma sovente, mi capita di sentire frasi del tipo “Mi aspettavo di più da te...” “Mi hai deluso…”, diversamente per i meno “accademici”, frasi come: “Sei sempre il solito”, con espressioni che preferisco non riportare, ridicolizzanti di fronte a tutta la classe. I conflitti si respirano anche tra colleghi, è come se a maggio calasse il sipario sulle buone maniere, sulle apparenze di cortesia e buon senso e prendessero il sopravvento istinti più animaleschi legati alla sopravvivenza, alla competizione, all’ira, con episodi e “uscite”, talvolta sconcertanti. Da pedagogista, orientata per formazione a concentrarmi sul positivo, non parlerò di quegli insegnanti che urlano incessantemente per tutta l’ora, o che ogni tre parole aggiungono “francesismi” inopportuni (e poi ci lamentiamo della maleducazione dei ragazzi), o di quelli che non spiegano se non ci sono i loro preferiti o che riversano sulla classe le proprie frustrazioni o bisogni di “onnipotenza” schiacciando la libertà dei ragazzi e nemmeno di quelli che “sanno tutto”, ma non riescono a passare la loro conoscenza. Da pedagogista mi concentrerò sui bravi docenti (una specie in estinzione), quelli che lo rimangono anche a maggio, incredibile! Sarebbe bello poter fare i nomi, perché davvero se lo meriterebbero. Inizio raccontando della professoressa di matematica di mio figlio di prima superiore. A seguito di una verifica andata male a quasi tutta la classe ha consegnato le verifiche, comunicando la sua intenzione di rispiegare l’argomento e visto che quasi nessuno aveva dimostrato di averlo capito, la possibilità di ripetere la verifica, settimana successiva. Mi sono emozionata! Una professoressa interessata che i ragazzi imparino davvero! Che meraviglia! Troppo spesso si respira un’insana soddisfazione da parte di alcuni docenti di cogliere in fragrante gli studenti impreparati per bollarli con voti da schedina del “totocalcio”. Chissà poi perché?

I bravi docenti esistono ancora, mi sono imbattuta in una professoressa d’italiano e storia assegnata ad una delle classi più difficili di un Istituto professionale. Ragazzi ai margini della devianza, oppositivi, arroganti, invischiati già a 17 anni in giri loschi. Ragazzi abituati a tener testa ai professori, a sfidarli, minacciarli, ragazzi definiti da tutti “senza speranza”. Capirete che studiare o ascoltare la lezione, in questa classe, non era minimamente contemplata come possibilità. Questa professoressa, determinata, ma dai modi gentili ha trascorso le prime settimane tra insulti e contestazioni, esattamente il trattamento riservato a tutti gli altri. Eppure lei, con il sorriso, appuntava sulla sua agenda e poi proseguiva a spiegare, nonostante le risate e le offese, ha iniziato a dare note, sospensioni, sempre con il sorriso sulle labbra, con calma, senza mai perdere la pazienza, dava loro spazio per esprimersi e motivava ogni sua annotazione, nel massimo rispetto, rispetto che però esigeva in cambio, diversamente…appuntava sull’agenda e poi proseguiva. Si è permessa persino di dare dei compiti a casa, tralascio le reazioni dei ragazzi… Non ha mai mollato, ha portato avanti il suo compito d’insegnante in condizioni davvero impossibili e lo ha fatto con passione e intelligenza, ha iniziato a chiedere le storie dei ragazzi, dei loro paesi di provenienza, i ragazzi hanno iniziato ad ascoltarla… Con maestria, dai loro racconti, riusciva a portare la loro attenzione su eventi storici di rilievo. I ragazzi hanno iniziato ad appassionarsi alla storia… Oggi questi ragazzi svolgono i compiti a casa, studiano e si siedono composti!!Impensabile! Durante le sue lezioni non vola una mosca: la rispettano, la stimano, la prendono come riferimento.

Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile.

San Francesco d’Assisi

RUOLO E COMPITI DELL’INSEGNANTE

Docenti felici

 

Prima di esaminare le qualità di un buon insegnante, è importante sottolineare che l'insegnamento è una delle professioni più ardue e complesse. I processi educativi e didattici richiedono intelligenza e precisione, e il solo fatto di conoscerli e gestirli rappresenta già una sfida notevole. Inoltre, un insegnante deve essere capace di interagire in modo adeguato con gli studenti, considerando le loro caratteristiche individuali e rispettando la loro diversità e unicità. Le variabili in gioco sono molteplici e richiedono un profondo coinvolgimento personale, oltre alla preparazione e alla conoscenza.

Il compito dell'insegnante è facilitare l'apprendimento degli studenti attraverso la propria cultura e empatia. Questo processo è definito dalla comprensione e dalla conoscenza.

Nello specifico deve:

  • Possedere e trasmettere cultura e disciplina relativamente, la sua specializzazione di studi per cui è tenuto ad insegnare;
  • Mettere a disposizione concetti in maniera che siano comprensibile e ben assimilabili;
  • Porsi in ascolto dell’allievo per trovare modalità d’intervento adeguato;
  • Poter contare su esperienza professionale, intelligenza emotiva e sensibilità pedagogica;
  • Preparare i propri studenti al futuro all’interno della società anche dal punto di vista lavorativo, orientando i singoli allievi in base ad attitudini e interessi personali;
  • Essere educatore e punto di riferimento per ogni singolo studente;
  • Promuovere cultura e didattica;
  • Porsi in maniera costruttiva e proattiva per aiutare l’elaborazione creativa dei concetti introdotti;
  • Attivarsi, consapevole di ricoprire un ruolo pedagogico e culturale;
  • Apportare il proprio contributo al progetto d’istruzione ed educazione deciso dall’istituto scolastico d’appartenenza;
  • Provvedere alla documentazione didattica e formativa prevista.

IL DOCENTE HA ANCHE UN RUOLO EDUCATIVO

Se qualcuno ti ha educato non può averlo fatto che col suo essere, non con le sue parole.

Pier Paolo Pasolini

Il docente è un Educatore, non un “ripetitore” di saperi. Gli studenti sono in crescita e il percorso che intraprendono deve mirare a tirar fuori il meglio di loro, contro una concezione, oramai obsoleta, che li vede solo come meri contenitori.

Attraverso l’insegnamento, il docente trasmette agli studenti non solo i contenuti della sua disciplina, ma anche il suo “essere”, la sua passione. Amore e Passione sono gli strumenti che aiutano gli alunni ad entusiasmarsi a ciò che ascoltano e studiano. Se l’insegnate trasmette Amore e Passione, la scuola diventa una bella esperienza di crescita umana e scuola di vita, per camminare con competenza e sicurezza per le strade di questo mondo.

Un bravo docente:

  1. Saluta per primo, sorride e accoglie con entusiasmo i suoi alunni. Sicuramente i ragazzi devono essere rispettosi nei confronti del docente, in moltissimi Istituti scolastici c’è l’obbligo di alzarsi in piedi all’arrivo di quest’ultimo e salutare. Tuttavia l’insegnante/educatore deve dare il buon esempio. Ricordiamoci che l’entusiasmo è contagioso esattamente come la noia;
  2. Ascolta con l’intenzione di comprende le persone che ha davanti. I ragazzi sono persone con età e situazioni familiari, sociali e fisiche differenti, tutte da accogliere e sostenere;
  3. È un esempio e vive in prima persona quello che comunica. La coerenza è ciò che fa guadagnare credibilità e riconoscimento d’autorevolezza e stima;
  4. Trasmette positività e speranza di miglioramento;
  5. Sa chiedere scusa, tutti possono sbagliare, ammetterlo è indice di elevato valore morale;
  6. Non giudica MAI, ma è capace di correggere;
  7. Anche a sessant’anni è capace di rimanere giovane nell’entusiasmo, nella curiosità e nella passione per il proprio lavoro;
  8. È consapevole che non si smette mai d’imparare, persino dai più giovani e cura la propria formazione nell’ottica della lifelong education - John Dewey;
  9. Rinnova quotidianamente la motivazione per cui ha scelto di essere un insegnate;
  10. È creativo e rimane al passo con i tempi;
  11. Sa dare regole, organizzare i gruppi, supervisionare le attività, contenere i comportamenti ritenuti sbagliati;
  12. Riesce a infondere motivazione agli studenti, suscitando interesse per la sua materia. In questo senso, dovrà avere la capacità di trasformare l’attività didattica in attività creativa e stimolante per migliorare la qualità educativa;
  13. Nessuno studente è uguale agli altri, ognuno ha le sue qualità e il suo profilo di apprendimento. Essere un bravo professore vuol dire saper riconoscere queste differenze individuali. Allo stesso tempo personalizzare l’attività didattica in base alle modalità di apprendimento degli alunni;
  14. Sa usare adeguatamente gli strumenti di valutazione, tenendo conto dei punti di forza e di debolezza degli studenti. La valutazione attuale è un sistema di accertamento, di verifica, e non dovrebbe essere così. La funzione della valutazione dovrebbe essere quella di riconoscere le capacità scolastiche di un alunno per orientarlo nel suo percorso educativo.

Per approfondire: www.orizzontescuola.it

Il CCNL 2006/2009, art. 26 specifica che il docente sviluppa il profilo umano, culturale, civile e professionale degli alunni, sulla base degli obiettivi stabiliti dall’ordinamento scolastico.

La normativa nel Contratto Collettivo specifica che le competenze professionali dei docenti sono disciplinari (diverse per classi di insegnamento), didattiche, psico-pedagogiche, organizzative, di valutazione. Dalle competenze discendono le mansioni individuali dei docenti, che sono suddivise in attività di insegnamento, attività funzionali all’insegnamento e attività aggiuntive. Una disciplina troppo rigida o, al contrario, troppa permissività rischiano di avere conseguenze negative: bisogna raggiungere un’atmosfera democratica e coesa.

CONCLUDENDO

Alla luce di quanto sopra emerge con chiarezza quanto sia complessa la professione del docente. Essere un insegnante significa svolgere un lavoro di grande responsabilità e non ci si può permettere di non essere all’altezza! Il docente è una figura centrale nello sviluppo dell’istruzione e dell’educazione degli alunni. Un insegnante mediocre potrebbe impedire agli studenti di sviluppare appieno il loro potenziale. Avere maestri e professori di qualità, presuppone investire sulla loro formazione e una formazione di qualità comprende sia conoscenze disciplinari, sia competenze in ambito psico-pedagogico, ad oggi ancora profondamente carenti e lasciate troppo alla discrezione del singolo, urge quindi la necessità di una seria formazione psico-pedagogica, obbligatoria per tutti i professori. I ragazzi sono il nostro futuro, quindi investire sull’educazione mi sembra la scelta migliore che possiamo fare.

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