Bambini e ADHD: quando si parla di disturbo di attenzione e iperattività?
Secondo il Manuale Diagnostico (DSM), l’ADHD si definisce come “una situazione/stato persistente di disattenzione e/o iperattività e impulsività più frequente e grave di quanto tipicamente si osservi in bambini di pari livello di sviluppo”
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ADHD sta per Attention Deficit Hyperactivity Disorder, si tratta di un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da sintomi specifici e duraturi:
- Difficoltà a rimanere concentrati
- Impulsività (agisco prima di pensare)
- Difficoltà a rimanere fermi, irrequietezza
Oltre a questi sintomi che perdurano per almeno sei mesi, si accompagnano anche altri secondari, ma ugualmente importanti per la valutazione, spesso rilevati nell’ambito scolastico o sportivo:
- Difficoltà di concentrazione;
- Difficoltà nell'ascolto;
- Eccesiva vivacità;
- Passaggio, continuo, da un’attività ad un’altra;
- Distrazione;
- Irritabilità;
- Impazienza;
- Difficoltà nell’apprendimento.
Il disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività (ADHD) è un disturbo neuroevolutivo, non propriamente comportamentale. I sintomi del disturbo possono andare da lieve a grave, diventare incisivi, quindi manifestarsi anche a livello comportamentale nell’ambito scolastico o comunitario in genere. Le restrizioni che caratterizzano oggi l’ambiente scolastico e quello sportivo (stare seduti, fermi per tante ore, disciplina, protocolli rigidi), incidono negativamente, aggravando la sintomatologia dei bambini affetti da questo disturbo. In passato le cose erano ben diverse e non solo perché non era stato ancora diagnosticato questo disturbo, ma soprattutto perché, a mio parere, c’era più tolleranza verso la vivacità, la diversità temperamentale dei bambini, maggiore flessibilità burocratica e pochissimi protocolli. Un bravo insegnante aveva più libertà di azione e la capacità di personalizzare l’insegnamento anche in situazioni più complesse. Oggi si tende a segnalare ogni situazione borderline, più per “lasciare ad altri il problema di difficile gestione”, che non per il bene del bambino. Sembra quasi che i bambini che non siano incasellabili come “normodotati” non siano affare degli insegnanti, anche se nelle Indicazioni Nazionali per il Curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione e con la Legge 170/2010 il MIUR ha specificato ricorrentemente l’importanza dell’inclusività, della personalizzazione dei tempi, modalità e strategie nell’apprendimento di ogni singolo bambino/ragazzo con riferimenti specifici.
Sebbene sia difficile stimare con precisione il numero di bambini colpiti (perché è un dato oggetto di notevoli controversie) si stima che l’ADHD interessi il 5-15% dei bambini, con un’incidenza doppia nei soggetti maschi.
Generalmente molti “casi” sono rilevati prima dei 4 anni, comunque normalmente entro i 12 anni, senza influire in modo determinante sul rendimento scolastico o sui rapporti sociali, cosa che, invece, si verifica alla scuola secondaria di primo grado.
COME SI MANIFESTA L’ADHD NEI BAMBINI
I bambini con ADHD spesso faticano ad organizzarsi con i compiti e con le altre attività extra-scolastiche. Inoltre, non riescono a mantenere in ordine materiali e oggetti, eseguono compiti in maniera disordinata e disorganizzata, gestendo male il tempo e non riuscendo a rispettare le scadenze. Non serve giustificare il comportamento disorganizzato del figlio, piuttosto è indicato cercare di dare al proprio bambino delle regole, poche ma chiare e soprattutto indicare al figlio cosa può fare (in positivo) e non cosa non può fare (per esempio “Non correre deve diventare: cammina! Non urlare: parla con calma, ti sento lo stesso!”). Ricordarsi che gratificare e premiare i comportamenti corretti e auspicati determina maggiori benefici educativi di rinforzo positivo, rispetto alla punizione o al rimprovero continuo, spesso fine a sé stesso. Per un bambino iperattivo e impulsivo stare in punizione seduto in camera, rimproverato continuamente per tutto, è profondamente frustrante, tanto da portarlo ad esacerbare molti dei suoi atteggiamenti, questo determina un netto peggioramento della situazione.
LE CAUSE
Le cause dell’ADHD possono essere di base:
- GENETICA
- NEUROBIOLOGICA
- AMBIENTALE
Studi di genetica hanno mostrato l’esistenza di un’associazione tra l’ADHD e alcuni geni. Ad esempio, un’alterazione nel gene responsabile della produzione di dopamina, un neurotrasmettitore che veicola le informazioni fra i neuroni base di molti processi cognitivi, come ad esempio quello dell’attenzione e della memoria.
Purtroppo non esistono ancora evidenze scientifiche completamente verificate tuttavia, ad oggi i farmaci utilizzati aumentano l’efficacia dell’attività della dopamina nella comunicazione tra neuroni, aiutando così il soggetto ad avere maggiore attenzione.
Altri studi hanno dimostrato la familiarità del disturbo, infatti un bambino affetto da ADHD ha 4 volte in più la probabilità di avere un parente affetto dallo stesso disturbo: un terzo dei padri che soffrono di ADHD ha un figlio con la stessa patologia.
Tra le cause di natura neurobiologica che possono causare la comparsa dell’ADHD, ci sono quelle legate al malfunzionamento o a dei deficit della parte frontale del cervello, responsabile di processi cognitivi primari (pianificazione, organizzazione dei comportamenti, attenzione, controllo e inibizione). I difetti strutturali, invece, possono interessare anche la regione cerebrale deputata alla regolazione delle emozioni e quella del sistema nervoso che regola il passaggio delle informazioni all’interno del cervello. Dato che tutte le regioni cerebrali sono interconnesse tra di loro è chiaro che, un deficit all’interno di una di essa, può diventare causa del disturbo dell’ADHD.
AUMENTO INCISIVO DI DIAGNOSI DI ADHD: ALCUNE PERPLESSITA’ E PREOCCUPAZIONI
Allo stato attuale le diagnosi da deficit di attenzione e iperattività sono aumentate vertiginosamente e questo dato, chiaramente, ha destato alcune preoccupazioni sia tra i genitori, sia tra gli stessi medici sull’effettiva veridicità della stessa diagnosi. Mi sembra doveroso, a questo punto, fare delle precisazioni, per cercare di fare un po’ di chiarezza. Innanzitutto, in età infantile e in particolare tra i due e i quattro anni è assolutamente normale registrare un alto livello di attività. In questa fascia d’età i bambini non stanno mai fermi, cambiano velocemente attività, sembrano distratti, invece direi che la loro curiosità li spinge ad essere “attenti” a tutto, vogliono scoprire “il mondo” e questa sete d’imparare li porta ad essere frenetici.
Sovente, questo comportamento super attivo può causare conflitti tra i genitori e il bambino e può destare preoccupazione negli adulti. Purtroppo anche gli insegnanti, spesso con troppa facilità, tendono a leggere questa vivacità in termini “problematici”, generando un all’allarmismo precoce, generalizzato (troppe volte infondato) intorno al bambino.
La valutazione del livello di attività del bambino non deve semplicemente dipendere dal grado di tolleranza della persona che lo subisce.
Rimproverare continuamente o punire i bambini per un alto livello di attività può generare atteggiamenti controproducenti e addirittura l’aumento della vivacità e dell’opposizione. Evitare di tenere seduto e fermo il bambino per un lungo periodo, aumentare le occasioni di passeggiate all’aperto, corse, giochi liberi e di sfogo fisico.
COME DIAGNOSTICARE IL DISTURBO DA DEFICIT DELL’ATTENZIONE/IPERATTIVITA’
La diagnosi viene effettuata attraverso una valutazione neuropsichiatrica, tuttavia la prima rilevazione può essere effettuata da altri specialisti per valutare l’effettiva necessità di procedere all’approfondimento neuropsichiatrico e quindi alla diagnosi.
Per formulare la diagnosi dell’ADHD devono essere sempre presenti almeno sei o più condizioni di disattenzione o di iperattività e impulsività (o 6 di ciascun gruppo per diagnosticare l’ADHD di tipo combinato). I segni devono essere presenti sia in ambito scolastico, che domestico e devono interferire negativamente con le prestazioni relazionali, di rendimento o di concentrazione. Per questo, solitamente, si somministrano dei questionari specifici agli insegnanti, come ai genitori (uno dei test, frequentemente utilizzato è quello di Conners 3). Se le manifestazioni si evidenziano o solo a casa o solo a scuola non viene considerata ADHD, in quanto potrebbe sussistere una situazione di disagio specifico di altro genere, scaturito da circostanze sfavorevoli e disfunzionali. I segni devono essere più pronunciati rispetto a quanto previsto per il livello di sviluppo del bambino e devono essere presenti per almeno 6 mesi. Da quanto sopra si capisce che la diagnosi non è affatto facile, in quanto molto dipende dalla valutazione soggettiva dell’osservatore. In più, i bambini che sono principalmente disattenti possono non essere notati fino a quando il rendimento scolastico non viene compromesso. Non esiste alcun esame di laboratorio per il disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività. Solo la compilazione dei questionari sopra citati, sui vari aspetti comportamentali e dello sviluppo, può aiutare lo specialista a formulare una diagnosi.
DI SEGUITO UN ESEMPIO DI ITEMS PRESENTI NEI QUESTIONARI DA SOTTOPORRE AGLI INSEGNANTI E AI GENITORI, PER RILEVARE I SEGNI DELL’ADHD:
DISATTENZIONE
- Poca precisione nell’attenzione ai dettagli
- Difficoltà nel mantenere l’attenzione prolungata durante le attività o il gioco
- Difficoltà di ascolto in caso di comunicazione diretta
- Difficoltà a rispettare le istruzioni e a concludere i compiti assegnati
- Difficoltà nell’organizzazione deim compiti e dei materiali
- Elusione, riluttanza o avversione per attività che richiedono impegno mentale prolungato
- Frequente perdita di oggetti
- Facile distraibilità
- Smemoratezza
IPERATTIVITA’ E IMPULSIVITA’
- Movimenti concitati di mani e piedi, spesso scoordinati
- Difficoltà a rimanere seduto composto
- Frequenti attività motorie spericolate
- Difficoltà nel gioco e nella relazione interpersonale
- Sempre in movimento, energia inesauribile
- Loquacità eccessiva
- Risposte impulsive e prima di aver ascoltato tutto il discorso
- Difficoltà ad attendere il proprio turno
- Interruzioni continue o intromissioni nei discorsi altrui
Il 20-60% circa dei bambini con ADHD presenta anche disturbi dell’apprendimento ( lettura, calcolo, scrittura, con conseguente difficoltà nel rendimento scolastico.
TRATTAMENTI PREVISTI PER QUESTO DISTURBO
- DI TIPO FARMACOLOGICO: farmaci psicostimolanti
- DI TIPO COMPORTAMENTALE: modifica comportamentale
A seconda dell’incidenza del disturbo, si protende per trattare i bambini affetti da ADHD con terapia comportamentale, o con farmaci stimolanti o con la combinazione di entrambe. I farmaci aiutano ad alleviare i sintomi e consentono ai bambini di partecipare più facilmente alle attività comunitarie. Soprattutto i bambini più piccoli traggono giovamento dalla terapia combinata. Per i bambini in età prescolare, la sola terapia comportamentale spesso si dimostra sufficiente.
Per approfondire: studi dell’Istituto Mario Negri nella ricerca sull’ADHD del 2007, stesura del registro italiano per persone affette da ADHD in trattamento farmacologico
L’IMPORTANZA DI UNA GESTIONE EDUCATIVA-COMPORTAMENTALE
Per ridurre le conseguenze del disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività, è spesso necessario ristrutturare e riorganizzare routine giornaliere, modalità educative, strategie didattiche e d’intervento relazionale, questo all’interno di tutti gli ambiti comunitari vissuti dal bambino: casa, scuola, ambito sportivo. Anche laddove fosse necessaria una terapia farmacologica è sempre opportuno coadiuvarla con un supporto di tipo educativo e comportamentale, per sostenere l’autostima del bambino, contenere eventuale rabbia-frustrazione e aiutarlo nell’organizzazione funzionale delle sue attività.
Nei casi in cui l’entità del disturbo si rileva lieve si è registrata, nel tempo, una buona compensazione (intorno ad un terzo della casistica), grazie proprio al supporto educativo-comportamentale, portando i soggetti ad autoregolarsi già in età adolescenziale.
Se c’è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino, dovremmo prima esaminarlo bene e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi.
Carl Gustav Jung
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